18 maggio 2012

Storia delle orme




Ogni mattina arriva presto, e con lunghe chiavi di ferro apre la porta della biblioteca. Subito ripone il pastrano nell'armadio basso, dove tiene anche il grande piumino grigio con l'asta di corno. Il proprietario dell'antica dimora, My lord, come lo chiama, esige un lindore maniacale della biblioteca e consigli di lettura, quando compare in veste da camera  la sera per prendere qualcosa da leggere.
Da quando è stato assunto nella dimora come bibliotecario, provvede a entrambi, spolvera  e legge a spilluzzico una o due pagine, con la stessa meticolosità. 
Passa ogni giorno la polvere dagli scaffali, ma non basta. Comincia in basso da Geografia e Storia, poi raggiunge Scrittori e Filosofi al centro, e infine si arrampica sulla scala fino a toccare con la testa il soffitto per raggiungere Religioni. Il giorno seguente una sottile e impalpabile cortina grigia ricopre di nuovo ogni cosa.
Quella mattina impugna il piumino e guardando compiaciuto gli alti scaffali come un maestro del coro guarda i suoi coristi prima di iniziare, si accorge con disappunto che un volume sporge dalla fila in alto.
Sale con la scala fino a Religioni, dove una brina di polvere imbianca il ripiano. Con stupore vede una lunga fila di orme rotonde che arrivano fino al volume fuori posto. Lo conosce, ne ha letto soltanto una pagina, la cabbalà gli è ostica. Non lo ha mai consigliato a  My Lord, difatti. Lo tira fuori e lo apre. Ai margini della pagina, in alto a sinistra, alcune minuscole parole sono  state scritte con un leggerissimo tratto di grafite.
Scende  dalla scala con il volume sotto braccio, scuro in volto e con il cuore a stantuffo. Chi ha osato?  Un topo no, uno scarafaggio nemmeno, quelli  trascinano dietro la polvere a striscia sulle zampe, e poi perchè andare fin lassù quando in basso ci sono grassi libri di storia e geografia.
Per qualche istante pensa a My Lord che sale nottetempo sulla scala,  con due dita fa l'omino che cammina sul ripiano, per fare quelle orme, e infine apre il libro, e ci scrive sopra. Impossibile.
Appoggia il libro aperto sullo scrittoio. Prende una lente dal primo cassetto e scruta il margine sinistro in alto. Aleph, Bet ? chi studia l'alfabeto ebraico? senza il suo permesso!
Si appoggia stanco alla spalliera della sedia, sopraffatto dallo sconforto.  Lo sguardo gli cade sulla scatola di legno dove tiene i pennini e le matite, in cima allo scrittoio. Piantato dritto come una bandiera, uno stelo legnoso svetta con una pallottola di fili e polvere a nuvoletta attaccata al fondo.
Con due dita a pinza prende la matita col ciuffo grigio e e se la porta  davanti al naso per guardarla attentamente.
“Aleph, Bet,..”   recita una flebile vocina.