4 aprile 2013

Le vasche T








Una predilezione come quella del dottor Olaf Olsen, si prestava ad essere accolta con diffidenza. E mentre nel 1950 tutto il mondo accademico si concentrava sull'atomica, lui aveva scelto la strada dura e solitaria della ricerca sul tempo morto.
Al dipartimento di fisica gli avevano suggerito, tacitamente, di lasciar perdere. Aveva deciso di continuare a casa propria, dove aveva allestito nella vasca da bagno una piscina per la cattura, come quelle usate per i neutrini. In via teorica,  la particella T , o del tempo morto, doveva fermarsi lì, ma quando dopo alcuni mesi ne aveva rilevate dueOlsen capì che aveva bisogno di soldi. 
Immaginiamo il giovane dottor Olsen battere a tappeto la Norvegia, sci in spalla, racchette da neve ai piedi, bussare ed essere accolto con compassionevole, luterana indulgenza, ricevere una tazza bollente di caffè e un biscotto,  fino al giorno in cui, sulla soglia di una casetta variopinta, Stellan Skarsgård, l'attore culto del cinema scandinavo in accappatoio bianco, alto, stempiato, occhi azzurri, gli dice sì. 
Grazie al generoso contributo, Olsen impianta un laboratorio, dove seleziona i fattori che la particella T predilige, vasche di cristallo due metri per due per due, pesci grigi di calibro 0,2, luce blu (raggi).  La formula funziona,  le particelle T si stipano, e il nostro ricercatore,  pragmatico come un norreno, non si sofferma.
Nella quotidianità, l'esperienza del tempo morto è legata alle attese,  in posta in banca, dal dentista, ma in queste situazioni la particella si dispone in  nuvole di probabilità sopra la testa dei soggetti, ed è molto instabile.
In laboratorio la quantità di  particella T  rilevata è mille volte l'esperienza empirica, tanto che Olsen all'inizio teme effetti tossici per chi si trova irradiato. Dopo turni di otto ore presso le vasche, gli assistenti riscontrano al contrario un aumento dei parametri vitali, in tutti gli organi.
Il tempo morto aumentato è la spinta verso uno scatto evolutivo? Olsen preferisce non esprimersi prima di raccogliere dati, incrociati e fitti. Eppure qualsiasi visitatore si rende conto che  stare vicino alle vasche T ha degli effetti sensibili.
Quando la luce blu dei riflettori attraversa le vasche, i pesci stanno fermi come belle statuine, e chi si trova vicino, d'un tratto sente un irresistibile bisogno di stare quieto, in attesa, seduto o in piedi.  Quando dopo mezz'ora la luce blu si spegne,  i pesci  riprendono a nuotare, e la persona si rianima, senza alcuna irritazione per il tempo perso. Al contrario, si sente rigenerata nel corpo e nella mente.
La scorsa settimana si verifica un incidente nelle vasche, un guasto all'impianto di illuminazione, e come spesso accade nella ricerca scientifica, un evento casuale apre prospettive inimmaginabili. 
L'addetto al controllo impianti, Tobias Sergen, 22 anni, alto, occhi verdi, carnale e sportivo, entra nel laboratorio dopo la chiusura, per il test settimanale, ed ha appena  il tempo di accorgersi che qualcosa non va,  prima di accasciarsi a terra.  Buio e raggi di luce blu continua  tagliano come laser un budino d'acqua, le vasche come pietrificate.
"Sono rimasto semi-incosciente per otto ore. E' stato bello." -  ha raccontatosteso sul pavimento, con un brivido seducente negli occhi,  all'impiegata che l'ha soccorso il mattino dopo. L'anomalia è stata registrata dagli strumenti, la quantità triplicata di particelle ha investito come uno tsunami  Tobias Sergen, cavia suo malgrado. Il giovane addetto agli impianti si accorge di aver subito un mutamento. Olsen  sostiene che a quelle concentrazioni il tempo morto si annulla,  le particelle T cambiano sapore, per così dire, e diventano Tempo,  tout court. La trasformazione di Tobias Sergen  lo conferma











Del vedere





Lo studio  è un grande spazio vuoto,  un divano, il set con uno sgabello e un telone grigio che si srotola dal soffitto al pavimento.
La ragazza si toglie vestito, scarpe, calze e biancheria, appoggia ogni cosa sul divano. Curve morbide, pelle chiara, capelli scuri corti. Si siede sullo sgabello, un pulsante dell'autoscatto,  ascolta il cliccare della macchina fotografica, il ronzio metallico si ferma.
Si riveste e si avvicina alla macchina fotografica, nel mirino lo sgabello,  il fondale grigio e, sfumata, una riga rossa sul margine inferiore. Impugna la messa a fuoco. Una fila di fragole rosse salutano come turisti da una corriera.

La casa nuova



Lava il pavimento, odore di parquet laccato fresco, lampadine nude scendono dal soffitto. Il letto è pronto, i vestiti sistemati nell'armadio, qualche provvista nel frigo. Domani dormirà nella nuova casa.
“Tra un minuto avrò un infarto” pensa la donna. Il cuore se lo sente in mezzo a due ganasce, quelle che riducono un' auto a un pacchetto di sigarette. E' stanca, contenta di ricominciare dopo i mesi passati dai genitori, al riparo nella sua stanzetta di quando era ragazza, gli attacchi di panico dopo la separazione, ed ora la casa nuova. Toglie i guanti gialli di gomma, aspetta.
In cucina due archetipi, un tipo gioviale, con un pacchetto di biscotti in mano, e un altro cupo in completo grigio, con un libro. 
“Ansia." – dice il tipo gioviale. L'altro non risponde.
“La casa dovrebbe piacerti.“ -  continua il gioviale.
L'altro guarda il soffitto,  la lampadina col filo.

La donna sistema la scopa e il secchio nel ripostiglio  lo straccio bagnato fuori in terrazzo, dà un'occhiata, spegne la luce, e chiude la porta a due mandate.

Humus




Non devo fare niente, solo stare fermo. La terra è soffice, gessosa. Sembro morto, e invece sono concentrato, tranquillo. Il buio è riposante, ascolto i rumori.
Anche se non ho carne, ho una discreta forza. I miei tessuti sono bianchi, ed è strano come all'inizio della vita ci sia roba piccola, bianca, opaca che sta al buio. 
Il mio nemico è un becco. C'è qualcosa di più rivoltante di un uccello? Neanche un topo o uno lombrico. Per fortuna sono ben sotto e al sicuro, ma se per disgrazia fossi rimasto alla superficie, sarei spacciato. Sono voraci, ingordi, non masticano, e stanno per aria. Io soffro le brezze, le folate e tutti gli aliti di vento. Cosa c'è di più grato della terra? L'aria non si coltiva, non nasce nulla dalla sua materia.
Non è solo perchè sono cibo per i volatili. Ho un'idiosincrasia per l'aria, le molecole di ossigeno in primis, anzi la parola "ossigeno" mi fa rabbrividire. Mi figuro masse e masse, enormi e bitorzolute, che si spostano come gigantesche palle di grasso nell'olio atmosferico. Aereo è un frainteso.
E che dire delle piume? essere ricorperti da quella roba maniacale, impermeabile. E l'apertura dura e appuntita per nutrisi ?  Che un uccello sia un essere inferiore è chiaro dagli occhi.  Ti guarda spostando la testa di lato, vede a metà ogni cosa, con un occhio vitreo che non esprime nè affetto nè rabbia.
L'unica versione che sopporto è l'uccello morto. Steso rigido, col becco chiuso e le penne strette.
Mi dà una grande soddisfazione pensare che piano piano, la terra trasformerà in humus pure lui. Ben gli sta. Gli uccelli sono superbi. 
Non vorrei sembrare eccessivo o impietoso, ma li cancellerei tutti. Meno qualche esemplare di fenice. 
Cosa c'è di più piacevole di un uccello che incenerisce? Un giorno ne è  caduta  una qua vicino. C'è stato uno schianto e un crepitio secco. Un  profumo di cenere si è sparso attorno,  nessuna  puzza acre di penne bruciate. Penso sia stata una fenice, perchè era aromatica.
L'odore di fenice bruciata mi ha turbato un poco, ho temuto per i miei tessuti, che non devono subire alcuna smorzatura. Sono un seme, io.

Masquerade





Torce fiammeggianti illuminano il giardino, dove alte siepi di bosso sono tagliate in sagome di conigli, delfini, orsi. A destra, la fontana con Venere nella conchiglia, a sinistra Apollo che abbraccia la ninfa. Il giardino digrada dolcemente verso l'aranceto e le vasche dei pesci, dove delle reti ad imbuto sono appoggiate per chi voglia servirsi di una carpa fresca.
Nel padiglione di caccia sfolgorante di luce per il grande lampadario a cristalli di Boemia, lunghe tavole infiorate sono coperte di lini inamidati che scendono fino al pavimento. Alzate di cristallo ricolme di frutta brinata, arabeschi di petit fours e canditi da passeggio, tazze di porcellana con cioccolatte al gelsomino. Gli invitati non si vedono ancora, eppure sembra che mani invisibili  sfiorino le coppe alte e sottili,  e le preziose stoviglie filettate d'oro zecchino. Nell'aria il profumo del caprifoglio in fiore, e il suono delle gavotte che i musicisti  intonano sotto il palcoscenico sistemato accanto al padiglione. 
I musicisti abbassano gli archetti. Due figure mascherate compaiono sul palcoscenico, una dama in vestito di velluto blu notte,  un cavaliere dal largo mantello nero di seta lucida. A passi lenti si avvicinano al centro della scena, esitano. La donna apre con un gesto il corsetto e appare un seno bianchissimo e pieno. Il cavaliere avanza verso di lei, la  sfiora con il mantello sul fianco, si china e le bacia il seno. La dama estrae dal corsetto un nastro di raso blu che consegna al cavaliere, ed esce di scena. Il cavaliere fa cadere a terra il mantello, resta a petto nudo, bacia il nastro, e tenendolo tra le dita si accarezza. Le luci si spengono.