29 maggio 2012

Storia dell'uomo con la birra Child




Ha camminato mezz'ora sulla spiaggia prima di sedersi. Da una tasca del giubbotto ha tirato fuori una lattina di birra Child, con il puttino oro su fondo blu, e una scatoletta gialla con la scritta nera Piccoli Arcani. Se ne infischia di tarocchi e simili, ma gli è piaciuta la scatola.
Dopo aver ripiegato con cura il giubbotto e averlo appoggiato accanto,  si guarda attorno. Non c'è nessuno a quell'ora di metà mattina. Ma non si sente contento come ogni volta  con la moto al mare, d'inverno. Una cosa zitta zitta cova dentro,  facendogli sentire una punta di disagio.
Pesca dal mazzo tre carte che dispone rovesciate davanti a sè, le gira. Gru, Panda, Conchiglia.  Si è stancato di stare appeso, a dondolare su facebook. Dietro lo schermo come in un guscio, a cliccare "mi piace",  riempire post, sempre sferzante, acido, un bel contropelo a chi capita. A tutti. Anche a lei. Si erano ritrovati su facebook, dopo un bel po' di anni, ed era cominciato un circo. Tutto per colpa di quella che in alcun modo poteva dire " amica". Le carte sono sincere.  Di mangiare foglie di bambù è stufo, ma quando uno è panda, panda gli tocca fare fino in fondo. Chiudere le valve, e amen. 
Apre la lattina di birra Child. Il puttino lustro sorride. Tira un sorso e ancora un altro. Un leggero gusto di affumicato, ben alcolica. 
Fa scivolare altre tre carte davanti a sè. Le gira: Sirena, Bottiglia, Pettine.  Quell' amica di facebook quieta quieta era uscita da uno sbiadito ricordo, e  lo aveva sviato. Un messaggio qui, un "mi piace" là, con punti esclamativi fitti come frecce.
Il puttino grasso sorride con l'arco abbassato. Sete e birra. A ritrovare la compagna di scuola, per un po' ti diverti, specie se un pensierino l'hai fatto. Il tempo perduto, magari si può, oggi.  Ciao !!!!  dai raccontami ......
A poco a poco il tono confidenziale era scivolato giù,  un pezzo alla volta, come in uno spogliarello, mostrando tutta una nudità nuda. L'aveva inseguita con ansia tra un messaggio inviato e un commento sulla bacheca. Scopriti ancora un po' qui.
Un sorso di birra. Per gioco era stato insinuante.
Ma adesso ha ripreso il controllo. Le ha mandato un messaggio alla svelta, con tanti baci e addio , e ha cliccato "rimuovi dagli amici". 
Ancora tre carte. Torre, Collare, Lupo. Bene. La pupa tolta dagli amici è rimasta confusa, con l'amaro stretto al collo. Pensa che non la rivedrà  mai più tra i suoi post. Sente una punta di rimorso, meno di una punta.
Ancora un sorso di birra Child. Il puttino grasso sorride mesto con l'arco all'ingiù. Raccoglie le carte e le rimette nella scatoletta  gialla con il coperchio, ben chiuse.

Storia del tubo







La sera della vigilia di Natale,  le cose diurne finivano,  un' ultima pallina sull'albero, ancora una pecora  nel presepe.
I resti del giorno aspettavano di essere messi da parte, nel mucchio  delle cose da fare domani, ma alcune restavano inquiete in bilico.  Da lì accadeva che proprio all'ultimo, prima della fine del giorno, d'un tratto qualcuna saltava fuori da "domani",  un pulire, un lavare  che non poteva essere rimandato.
Il tubo senz'altro indugio saltò fuori, e si fece strada con piglio deciso nell' adesso, nel subito. Quando il segnale "pieno" scattava, si occupava di rimuovere. Il suo era un contributo all' equilibrio del cosmo, tra vuoto e pieno. E per il pranzo del giorno di Natale, bisognava essere vuoti per essere pronti a farsi colmare.
Acqua tiepida fino alla tacca un litro. Ormai aveva una sua routine che eseguiva calmo e concentrato. Niente estremi come quando era inesperto, e si imbarcava con litri d'acqua caldissima. 
Appeso si sentiva bello come una teleferica o una funivia ferma alla stazione d'arrivo in alto. Gli piaceva perchè erano in due ad essere specialisti dell'acqua in caduta, lui e le flebo,  e forse i canadair, che spegnevano gli incendi.  
Certe parole le sentiva proprio sue, ad esempio colon, che suonava nobile e distinto. Lo preferiva a intestino,  infantile e supplichevole.
Era orgoglioso di mettere a posto e pulire, perchè dopo uno era contento.  Il suo cruccio era quello di essere innominabile, e non poter entrare in alcuna conversazione. A meno di essere in una corsia d'ospedale, dove lo  indicavano però senza tatto, mentre lui aveva una sensibilità.
Ci pensava la notte, quando era tardi, e per non cadere nella malinconia,  immaginava di essere un super eroe, un  liberatore.
Aveva finito.
Ora le cose potevano stare quiete nel buio, fino a domani. Dormire no,  ma era bello stare fermi prima che il ticchettio diurno ritornasse. 

28 maggio 2012

Il compagno scomparso







C’era attesa sul tavolo. Lei se ne stava ferma, con gli occhi fissi sul foglio bianco. Il posto a sinistra era vuoto. Gli altri lavoravano senza fermarsi, riempiendo i fogli di righe fitte.
Avevano accettato come un fatto normale che quel posto fosse vuoto. Ma a sinistra, dove c'era la sedia inutilizzata, il vuoto si sentiva perché in quel punto il livello di produzione era zero, ed era chiaro che loro avrebbero dovuto pedalare di più.
Per arrivare al traguardo dei 1000 punti - storia dovevano scrivere senza fermarsi. All'inizio quella sedia era stata occupata da uno bravo che aveva prodotto righe della migliore qualità, la storia della nave trasporta neve e quella del pittore col baffo a stecco. Dopo, non si era più visto. Nessuno si era domandato perché fosse scomparso. Avevano continuato a stare chini sui fogli, senza voltarsi. Ma non ci si volatilizzava così, pensava lei. Dal momento in cui entravi, eri segnato. Dovevi scrivere, potevi farlo anche fuori, da solo, ma nella cellula contava, fuori no. Il capo, signor Temper, dal fondo del tavolo le lanciò un’occhiata di rimprovero. Non c’era bisogno di aggiungere altro. Lei si mise stancamente a tracciare qualche riga scritta sul foglio, ma continuava a pensare. Soltanto con 1000 punti- storia potevi affrancare te e tutti gli altri. Lo scomparso vagava da qualche parte mangiandosi il cuore, grigio dal rimorso. Forse aspettava fuori, dietro un angolo, col desiderio di rientrare e occupare di nuovo il suo posto, perché ciò che aveva guadagnato dilenguandosi, non era vera libertà.
Riempire di scrittura i fogli nella cellula dava un senso alla loro piccola e legnosa esistenza. E una volta raggiunti i 1000 punti, avrebbero potuto tirare su la schiena curva e alzarsi finalmente. Lei guardò gli altri che stavano chini a scrivere. Mancava poco alla fine turno, tutti avrebbero letto ciò che avevano scritto, il signor Temper avrebbe ascoltato in silenzio e segnato un numero sul suo taccuino rosso. L’attesa era palpabile. Lei si chinò sul foglio e non pensò più a niente.  

18 maggio 2012

Storia delle orme




Ogni mattina arriva presto, e con lunghe chiavi di ferro apre la porta della biblioteca. Subito ripone il pastrano nell'armadio basso, dove tiene anche il grande piumino grigio con l'asta di corno. Il proprietario dell'antica dimora, My lord, come lo chiama, esige un lindore maniacale della biblioteca e consigli di lettura, quando compare in veste da camera  la sera per prendere qualcosa da leggere.
Da quando è stato assunto nella dimora come bibliotecario, provvede a entrambi, spolvera  e legge a spilluzzico una o due pagine, con la stessa meticolosità. 
Passa ogni giorno la polvere dagli scaffali, ma non basta. Comincia in basso da Geografia e Storia, poi raggiunge Scrittori e Filosofi al centro, e infine si arrampica sulla scala fino a toccare con la testa il soffitto per raggiungere Religioni. Il giorno seguente una sottile e impalpabile cortina grigia ricopre di nuovo ogni cosa.
Quella mattina impugna il piumino e guardando compiaciuto gli alti scaffali come un maestro del coro guarda i suoi coristi prima di iniziare, si accorge con disappunto che un volume sporge dalla fila in alto.
Sale con la scala fino a Religioni, dove una brina di polvere imbianca il ripiano. Con stupore vede una lunga fila di orme rotonde che arrivano fino al volume fuori posto. Lo conosce, ne ha letto soltanto una pagina, la cabbalà gli è ostica. Non lo ha mai consigliato a  My Lord, difatti. Lo tira fuori e lo apre. Ai margini della pagina, in alto a sinistra, alcune minuscole parole sono  state scritte con un leggerissimo tratto di grafite.
Scende  dalla scala con il volume sotto braccio, scuro in volto e con il cuore a stantuffo. Chi ha osato?  Un topo no, uno scarafaggio nemmeno, quelli  trascinano dietro la polvere a striscia sulle zampe, e poi perchè andare fin lassù quando in basso ci sono grassi libri di storia e geografia.
Per qualche istante pensa a My Lord che sale nottetempo sulla scala,  con due dita fa l'omino che cammina sul ripiano, per fare quelle orme, e infine apre il libro, e ci scrive sopra. Impossibile.
Appoggia il libro aperto sullo scrittoio. Prende una lente dal primo cassetto e scruta il margine sinistro in alto. Aleph, Bet ? chi studia l'alfabeto ebraico? senza il suo permesso!
Si appoggia stanco alla spalliera della sedia, sopraffatto dallo sconforto.  Lo sguardo gli cade sulla scatola di legno dove tiene i pennini e le matite, in cima allo scrittoio. Piantato dritto come una bandiera, uno stelo legnoso svetta con una pallottola di fili e polvere a nuvoletta attaccata al fondo.
Con due dita a pinza prende la matita col ciuffo grigio e e se la porta  davanti al naso per guardarla attentamente.
“Aleph, Bet,..”   recita una flebile vocina.