29 maggio 2012

Storia del tubo







La sera della vigilia di Natale,  le cose diurne finivano,  un' ultima pallina sull'albero, ancora una pecora  nel presepe.
I resti del giorno aspettavano di essere messi da parte, nel mucchio  delle cose da fare domani, ma alcune restavano inquiete in bilico.  Da lì accadeva che proprio all'ultimo, prima della fine del giorno, d'un tratto qualcuna saltava fuori da "domani",  un pulire, un lavare  che non poteva essere rimandato.
Il tubo senz'altro indugio saltò fuori, e si fece strada con piglio deciso nell' adesso, nel subito. Quando il segnale "pieno" scattava, si occupava di rimuovere. Il suo era un contributo all' equilibrio del cosmo, tra vuoto e pieno. E per il pranzo del giorno di Natale, bisognava essere vuoti per essere pronti a farsi colmare.
Acqua tiepida fino alla tacca un litro. Ormai aveva una sua routine che eseguiva calmo e concentrato. Niente estremi come quando era inesperto, e si imbarcava con litri d'acqua caldissima. 
Appeso si sentiva bello come una teleferica o una funivia ferma alla stazione d'arrivo in alto. Gli piaceva perchè erano in due ad essere specialisti dell'acqua in caduta, lui e le flebo,  e forse i canadair, che spegnevano gli incendi.  
Certe parole le sentiva proprio sue, ad esempio colon, che suonava nobile e distinto. Lo preferiva a intestino,  infantile e supplichevole.
Era orgoglioso di mettere a posto e pulire, perchè dopo uno era contento.  Il suo cruccio era quello di essere innominabile, e non poter entrare in alcuna conversazione. A meno di essere in una corsia d'ospedale, dove lo  indicavano però senza tatto, mentre lui aveva una sensibilità.
Ci pensava la notte, quando era tardi, e per non cadere nella malinconia,  immaginava di essere un super eroe, un  liberatore.
Aveva finito.
Ora le cose potevano stare quiete nel buio, fino a domani. Dormire no,  ma era bello stare fermi prima che il ticchettio diurno ritornasse. 

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