18 marzo 2013

Centauro




Molto prima che sorga il sole, mi metto alla finestra. Prendo una coperta, un thermos di tè caldo, e lo strumento che ho costruito. La forma ricorda una macchina fotografica, ma serve a raccogliere le frequenze tra il blu 400 e il violetto 450. E' la luce estrema,  al confine tra due zone dello spettro,  là dove il blu quasi muore e il viola non vive ancora.  Per la cattura, mi apposto alcune ore prima dell'alba, a seconda della stagione, quando il buio lentamente si trasforma in giorno.
Sono particelle molto labili, tuttavia hanno una particolarità, sono attirate da una soluzione di acqua e sale lacrimale. Nello strumento c'è una piccola vasca con questo liquido. Ho una riserva di sale che ho tratto dalle lacrime versate da me stesso.
Nella notte estiva, le particelle sono abbondanti, giugno è il mese migliore perché il chiarore inizia alle tre. La particella viaggia rapida, ma ad un tratto si mostra incerta, sbanda inebriata dai gradini del blu e del violetto, attirata dall'umido e dal salato, entra dal foro del catturatore, e si adagia, senza scivolare oltre.  Luce aurorale e lacrime si attraggono. 
Dopo qualche minuto sigillo il foro e sposto lo strumento sul tavolo, oscuro la stanza. Sulla parete di fronte appare una gradazione fluttuante di blu-viola con una leggera fosforescenza Dura un'ora, poi  scompare.
Mi nutro di questa luce estrema, non ho bisogno d'altro.

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