18 marzo 2013

Minestra e finestra




Mi hanno lasciato a casa, sono rimasto in camera mia. Se ne vanno a mangiare fuori, nelle ricorrenze, i compleanni. Sanno che non posso uscire in questo stato, ci vanno lo stesso.  Il padrone di casa è uno giovale, alle volte ha  scoppi di rabbia violenta per cose irrilevanti. Mi ripeteva che dovevo darmi una regolata. Ma poiché questo non è accaduto, alla fine  ha preso le forbici e ha tagliato.
Nella casa si mangia abbastanza bene, c'è il riscaldamento, e se hai bisogno di un paio di scarpe o delle calze, sono premurosi. Ti portano spesso dal dottore per controllare la tua salute. Ma l'importante è che tu non faccia rumore. Le mie ali, a quanto pare, lo fanno.
Mentre discutono a tavola,  io faccio voletti fuori, perché ho un punto di vista alato. Questo non va bene, lo tollerano a mala pena. Un giorno il padrone di casa è arrivato con le forbici.
Ora sono piccole e avvolte di piumette racchiuse come un germoglio, crescono in fretta. Non mi piace restare chiuso in casa. Mi piace guardare dal balcone i pipistrelli che fanno rifili alla casa dopo il tramonto. L'unica cosa che ho comprato per la mia stanza è una poltrona, ma quando me ne andrò, la lascerò qui.
Quando avrò una casa tutta per me, la lascerò vuota, con tanto spazio per le mie ali. Sono consapevole che qualcosa mi rimarrà dell'abitare nella loro casa,  ci vorranno anni, mi curerò.
Il padrone e gli altri della casa mi rimproverano di non aver pianto quando loro hanno pianto. Questo non significa che io sia freddo o beffardo,  se piango lo faccio più tardi, da solo.


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